Speciale Covid-19
Avvocato Maurizio Magnano, specializzato nella materia del recupero dei crediti
Come mi comporto se i vari decreti del Governo e della Regione sono in contrasto tra loro?
Chiarimenti sulla legittimità della legislazione d’emergenza nonché sul rapporto – conflitto tra i provvedimenti emessi dal governo centrale e da quelli regionali a contrasto della pandemia di Covid – 19.
IL DUBBIO:”ma se il decreto del Presidente della Giunta Regionale dispone qualcosa di diverso da quello del Presidente del Consiglio dei Ministri, io quale devo seguire?”
IL CONSIGLIO PRATICO: tenersi informati su quale norma seguano le forze dell’ordine e rispettare quella per evitare sanzioni finché le autorità preposte non risolveranno l’eventuale contrasto tra leggi, regolamenti o decreti.
VEDIAMO PERCHE’
In data 23 febbraio 2020 il Presidente della Repubblica, vista la deliberazione del Consiglio dei ministri del 22 febbraio 2020, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ha emesso il decreto legge n. 6 recante le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
L’art. 1 comma 2 del predetto decreto, intitolato “Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19”(titolo impreciso. Sarebbe stato più corretto nominarlo “Misure urgenti per limitare la diffusione del COVID-19”, visto che, al tempo, il coronavirus era già diffuso sul territorio nazionale), elenca gli strumenti che le autorità competenti “POSSONO” adottare per tentare di frenare l’avanzata del virus.
Quali siano le autorità competenti lo dice l’art. 117 della Costituzione della Repubblica riconoscendo a Stato e Regioni, in materia di tutela della salute, legislazione concorrente.
In altri termini, sia lo Stato che le Regioni hanno il potere di emettere leggi che riguardino la tutela della salute pubblica.
Tanto premesso, occorre osservare che proprio l’utilizzo del verbo potestativo, nel predetto D.L., consente di non limitare qualitativamente né quantitativamente i provvedimenti adottabili da Stato e Regioni.
Pertanto, non essendo l’elenco suddetto tassativo ed essendo, inoltre, ammessa una normazione successiva da parte degli stessi soggetti in via specifica ed integrativa, il D.L. suddetto può essere considerato come legge (rectius atto avente forza di legge) quadro.
Tale interpretazione è confermata dal successivo art. 2 rubricato “Ulteriori misure di gestione dell’emergenza” che precisa che “Le autorita’ competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1.”
L’art. 3 (Attuazione delle misure di contenimento) attribuisce il potere alla regolamentazione d’emergenza, autorizzando il Presidente del Consiglio dei Ministri a disporre i provvedimenti opportuni mediante uno o più decreti, adottati, appunto, “su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonche’ i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale”.
Il secondo comma del medesimo articolo, conferisce poteri analoghi anche ai soggetti indicati nell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dell’articolo 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ossia, Regioni, Presidenti di esse e Sindaci dei singoli Comuni in ragione della dimensione dell’emergenza.
Infine, sono fatte salve, al comma tre dell’art. de quo, “gli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti gia’ adottate dal Ministro della salute ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833”. Tale corpus normativo, istitutivo del servizio sanitario nazionale, all’articolo citato, conferma il potere normativo d’urgenza in capo, appunto, al Ministro della salute oltre che ai Presidenti delle Regioni e dei Sindaci dei comuni per ragioni di urgenza sanitaria.
Tra le questioni aventi maggior risonanza a livello politico, vi è quella concernente l’opportunità di procedere alla normazione mediante decreti legge, atti aventi forza di legge che il Governo, dice l’art. 77 della Costituzione della Repubblica, adotta “in casi straordinari di necessità e di urgenza”.
Non pare vi siano questioni sollevabili in merito alla legittimità, dunque, del decreto legge in esame, posto che la situazione in cui il l’Italia verte è senza ombra di dubbio straordinaria e meritevole di una gestione in via d’urgenza alla luce della necessità preminente di salvaguardare la vita dei cittadini (anch’essa oggetto di tutela di una specifica norma costituzionale).
Maggiori dubbi ha fatto sorgere la previsione, nel decreto legge, di misure limitative della libertà personale (quali i divieti di lasciare l’appartamento, il comune di residenza, e ancora la limitazione o divieto delle riunioni o degli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico).
Le obiezioni rivolte contro tali disposizioni appaiono più che altro di natura politica.
L’art. 16 della Costituzione, infatti, a tal riguardo, è cristallino, stabilendo che: ”Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.”
Dunque, i diritti alla circolazione ed al soggiorno sul territorio nazionale, costituzionalmente, possono essere limitati solo, per quanto interessa visto il periodo in questione, per ragioni di sanità pubblica.
La fonte (tipo di atto normativo) utilizzabile è la legge nonché, nei limiti già indicati, il decreto legge quale atto avente forza di legge.
L’assetto democratico, peraltro, non pare essere messo in pericolo dall’impiego del suddetto decreto legge che, comunque, dovrà essere convertito in legge dal parlamento entro sessanta giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale salva, in mancanza, la decadenza dello stesso sin dall’origine.
Senza dimenticare il ruolo della Corte Costituzionale, garante della legittimità delle norme al di là di eventuali ed improbabili produzioni abnormi del Parlamento.
Analogamente si può ragionare per quanto concerne le limitazioni ed i divieti, previsti dal decreto, di effettuare riunioni od assembramenti che, ai sensi dell’art. 17 della Costituzione, trovano unico limite nei provvedimenti dell’Autorità (come sopra individuata) emessi “per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” indubbi, si ritiene, in questo periodo.
In conclusione, non sembra che si possa opinare sulla legittimità del decreto legge 6/2020 né sul fatto che sia scelta la strada della legislazione d’urgenza tramite questo tipo di fonte, vista la tendenza del Covid – 19 a non attendere le lungaggini burocratiche proprie della Repubblica Italiana.
Tanto premesso, da un’analisi della teoria di atti emessi dal Governo centrale e da quelli regionali, il decreto 6/2020 é stato attuato prevalentemente mediante Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Presidenti delle Giunte Regionali.
Tale attività ha portato all’emissione di provvedimenti apparentemente in contrasto tra loro.
E’ il caso, ad esempio, del Decreto del Presidente della Giunta Regionale del Piemonte n. 34 del 21 marzo 2020 e del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020 entrambi contenenti disposizioni volte a limitare le attività sui territori di competenza.
In particolare, il punto n. 19 del DPGR suddetto prevede “la chiusura degli studi professionali, salvo l’utilizzo del lavoro agile, con esclusione dello svolgimento delle attività indifferibili ed urgenti o sottoposte a termini perentori di scadenza ivi effettuate. Sono esclusi dalla presente chiusura tutti gli studi medici e/o sanitari e di psicologia”.
L’art. 1 lettera A) del DPCM suddetto, invece, precisa che “Le attivita’ professionali non sono sospese”.
Tale contrasto ha fatto sorgere dubbi sul rapporto tra le norme in questione.
Ci si è domandati, in altri termini, se a prevalere sia il provvedimento del Governo centrale o quello regionale.
Il contrasto, in realtà, è soltanto apparente perché, a ben vedere, i decreti in questione non sono in conflitto tra loro ma, piuttosto, in rapporto di complementarità.
Infatti, il DPCM del 22 marzo 2020 nel prevedere la continuazione delle attività professionali che vengono dichiarate “non sospese” nulla dice sulla chiusura degli studi. Su tale DPCM, dunque, legittimamente, si sono incardinati i vari DPGR specificando, come nel caso suddetto del Decreto del Presidente della Giunta Regionale del Piemonte n. 34 del 21 marzo 2020, le modalità di prosecuzione delle attività professionali, tramite chiusura degli studi ma fatto salvo lo smart working.
Dunque, a ben vedere, non sussiste alcun conflitto tra le due norme che si integrano, anzi, vicendevolmente.
Discorso diverso se il Governo regionale avesse disposto, tout court, il mantenimento dell’apertura degli studi professionali ed il Governo centrale la chiusura (o viceversa).
In tal caso, le norme sarebbero state in contrasto tra loro ed il nascente conflitto tra poteri dello Stato sarebbe stato dirimibile soltanto dalla Corte Costituzionale.
Tuttavia, in quest’ultimo caso, nelle more della decisione della Corte, i cittadini, quale norma devono osservare?
Chiaramente, quella il cui mancato rispetto verrebbe sanzionato dalle Forze dell’Ordine, chiamate, in definitiva, concretamente, alla vigilanza ed alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico sulla base di intese e previo coordinamento tra il Prefetto, rappresentante del Governo sul territorio di Province e Città metropolitane, queste ultime e le Regioni.
Chiarimenti circa la possibilità, da parte del conduttore di sospendere, ritardare od interrompere il pagamento di uno o più canoni di locazione.
IL DUBBIO: ”vivo in una casa in affitto e, a causa dell’interruzione forzosa della mia attività lavorativa, sono in difficoltà a pagare il canone. Posso in qualche modo non pagare, sospendere o ridurre il pagamento dell’affitto? E cosa posso fare per il locale commerciale in cui svolgo la mia professione, anch’essa attualmente interrotta? E se sono, invece, il proprietario dell’immobile ed il mio inquilino non mi paga per le stesse ragioni, cosa rischio e cosa posso fare?”
IL CONSIGLIO PRATICO: non esiste una sola norma che autorizzi il mancato pagamento del canone. Se si è in difficoltà economiche, è bene provare a concordare col proprietario dell’immobile una soluzione temporanea idonea a modificare le condizioni di pagamento del canone. In mancanza di accordo ed in attesa che questo si formalizzi, tuttavia, si dovrà continuare a pagare il canone onde evitare che il proprietario dell’immobile proponga una procedura di sfratto. Se si è proprietari, invece, si potrà legittimanente attivare la procedura di sfratto per morosità sempre fatta salva la possibilità di evitare problemi e lungaggini con un accordo bonario con l’inquilino debitore inadempiente.
VEDIAMO PERCHE’
Nei giorni scorsi, un mio assistito mi ha posto un interessante quesito che, debitamente modificato per ragioni di tutela della privacy, riproduco di seguito.
“Ciao Maurizio,
ti sottopongo una questione che in questo periodo è molto “sentita” da diversi nostri clienti, che seguiamo in veste di proprietari di immobili dati in locazione.
Le casistiche sono molteplici, ma cerco di riassumertele in categorie:
1) Inquilini già morosi prima dell’emergenza, ai quali finora sono stati inviati solo solleciti ma non avviate procedure.
2) Inquilini di immobili ad uso commerciale con attività bloccata dal DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n.d.r.):
a. Che hanno richiesto al proprietario la sospensione del pagamento dei canoni per il periodo dell’emergenza -> in questo caso spesso il proprietario ha acconsentito alla sospensione, più raramente ad una riduzione a titolo definitivo
b. Che non hanno detto nulla e non hanno pagato i canoni di marzo/aprile 2020
3) Inquilini di immobili ad uso commerciale con attività consentita dal DPCM:
a. Che hanno richiesto al proprietario la sospensione del pagamento dei canoni per il periodo dell’emergenza -> in questo caso spesso il proprietario ha acconsentito alla sospensione, più raramente ad una riduzione a titolo definitivo
b. Che non hanno detto nulla e non hanno pagato i canoni di marzo/aprile 2020
4) Inquilini di immobili ad uso abitativo:
a. Che hanno richiesto al proprietario la sospensione del pagamento dei canoni per il periodo dell’emergenza -> in questo caso spesso il proprietario ha acconsentito alla sospensione, più raramente ad una riduzione a titolo definitivo
b. Che non hanno detto nulla e non hanno pagato i canoni di marzo/aprile 2020
5) Inquilini di immobili ad uso turistico che vogliono una riduzione del canone per il periodo in cui non hanno potuto usufruire dell’immobile a causa delle restrizioni agli spostamenti.
Ti chiedo per cortesia un tuo parere in merito a quanto sopra, soprattutto per le categorie evidenziate in rosso, con particolare riferimento a:
– Eventuali appigli giuridici che consentono all’inquilino (abitativo, commerciale con attività consentita o bloccata, turistico) di sospendere il pagamento dei canoni in questo periodo o di chiedere una riduzione a titolo definitivo.
– Eventuali azioni cautelative/bonarie del proprietario che è consigliabile intraprendere in questo momento.
– Eventuali azioni legali che si possono intraprendere in questo periodo.
Ti ringrazio in anticipo!
Buona giornata”
Di seguito, la mia risposta.
“Ciao ***,
è una questione piuttosto complessa e dibattuta che si può risolvere facilmente, a mio parere solo per la categoria sub 1.
Detto che, in questo periodo, per giustificare la richiesta di ritardato, mancato o parziale pagamento del canone, ci si richiama agli istituti dell’impossibilità della prestazione (art. 1256 c.c., causa di estinzione dell’obbligazione) e/o dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c., causa di risoluzione del contratto), dal momento che essi dipendono, rispettivamente, da cause non imputabili al debitore e/o dal verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili (qual è l’attuale pandemia), poiché queste non possono essere invocate prima dell’ufficialità delle restrizioni conseguenti al decreto Cura Italia, tutte le morosità a quest’ultimo precedenti potranno senza dubbio essere sanzionate mediante debita procedura di sfratto per morosità e contestuale ricorso per decreto ingiuntivo senza che possano essere sollevate validamente censure di infondatezza della domanda per le ragioni suddette.
In generale, nessun problema in caso di accordo tra le parti che, tuttavia, consiglierei di ratificare per iscritto e, magari, anche, di registrare.
Sempre in generale, non sembrerebbe invocabile mai l’impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c.
Posto, infatti, che l’impossibilità postulata dall’articolo suddetto deve essere oggettiva […], sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile (ossia insuperabile con sforzi ragionevoli), dal momento che il pagamento del canone (oggetto della prestazione del debitore), di per sé, non ha mai queste caratteristiche di oggettiva impossibilità assumendo, semmai, le caratteristiche della difficoltà economica soggettiva del debitore (chiamata impotenza economica del debitore ed intesa anche, all’estremo, come totale assenza di denaro in capo allo stesso) la causa estintiva in esame non potrebbe mai essere richiamata. Questa, peraltro, è l’interpretazione della Corte di Cassazione (25777 del 15 novembre 2013, ad esempio). Utilizzo, comunque, il condizionale poiché, comunque, le caratteristiche surriferite dovrebbero essere valutate caso per caso dal Giudice. Ciò comporta il fatto che l’applicazione dell’istituto de quo non sia automatica e che, in caso di contrasto tra le parti, non possa che dipendere dalla valutazione del Giudice, con inevitabili conseguenze in termini di incertezza della pronuncia legate alle facoltà interpretative del magistrato incaricato.
Diverso il discorso per quello che riguarda l’istituto dell’estinzione della prestazione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.).
In questo caso, se questa diventa eccessivamente onerosa per il conduttore (per quanto ci interessa) per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, il conduttore potrà chiedere la risoluzione del contratto evitabile dal locatore mediante proposta di modifica del canone tale da poter riequilibrare il rapporto.
Il conduttore non potrà, invece, tout court, rifiutare il pagamento del dovuto poiché, in tal caso, si renderà moroso ed il locatore potrà procedere mediante ordinaria azione di sfratto per morosità. L’unica giustificazione al mancato pagamento del canone da parte del conduttore, infatti è il comportamento del locatore tale da impedire il pacifico godimento del bene stesso.
Ciò perché la causa del contratto di locazione è il godimento del bene locato verso il pagamento del canone.
Quindi, che l’immobile sia locato per fini abitativi, commerciali e che l’attività commerciale sia o no consentita dalla normazione di emergenza, è irrilevante ai fini del pagamento del canone che dipende unicamente, come detto, dal godimento consentito dei beni da parte del proprietario e non dal fatto che una certa attività commerciale non si possa svolgere, essendo quest’ultima non la causa oggettiva del contratto ma la motivazione soggettiva dello stesso, irrilevante ai fini della validità del contratto stesso e delle clausole di esso, compresa quella relativa al pagamento del canone.
Tale interpretazione, peraltro, è anche confermata dall’art. 65 del decreto Cura Italia che non esime i conduttori di locali commerciali dal pagare i canoni ma riconosce agli imprenditori un credito d’imposta pari al 60% del canone mensile per l’anno 2020.
Conclusivamente, in nessun caso la normativa d’emergenza vigente autorizza i conduttori a ritardare, modificare o non pagare il canone d’affitto.
La conseguenza di tali comportamenti potrà essere sempre e senza eccezioni lo sfratto per morosità.
Nessuno strumento, invece, mi pare invocabile a favore dei conduttori.
A presto
Maurizio”.
Dunque, non risulta che esistano strumenti per evitare il pagamento, anche solo parziale o ritardato, del canone di locazione.
Il conduttore che, a causa delle proprie difficoltà, non onori il contratto d’affitto, quindi, corre il rischio di vedersi citato per la convalida dello sfratto proposto dal proprietario.
D’altronde, l’epidemia colpisce le persone e non le leggi che continuano ad essere in vigore, comprese quelle che non ammettono l’inadempimento dell’inquilino.
Tanto detto, il periodo è complesso per tutti e un accordo bonario tra le parti che tenga in considerazione le difficoltà reciproche appare, sicuramente, la soluzione più auspicata.
Il conduttore (inquilino) di un alloggio o di un locale commerciale, può legittimamente sospendere il pagamento del canone a causa del blocco forzoso della sua attività lavorativa?
Fase 2 cosa posso fare e cosa no (DPCM 26 aprile 2020)?
Analisi sintetica di divieti e limiti imposti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020 con riferimento, in particolare, agli artt. 1 e 2 anche alla luce della normativa regionale d’emergenza. i
Per una più precisa analisi si rimanda al DPCM 26 aprile 2020, pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri al seguente indirizzo:
http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/Dpcm_img_20200426.pdf
ART. 1
Misure urgenti di contenimento del contagio
sull’intero territorio nazionale.
a) Ci si può spostare all’interno del medesimo comune e nella medesima regione con mezzi pubblici o propri per le seguenti ragioni:
– comprovate esigenze lavorative;
– situazioni di necessità.
In mancanza di un’interpretazione autentica da parte della Presidenza, la definizione di stato di necessità può essere tratta dall’art. 54 del codice penale:”Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
– motivi di salute;
– incontri con i congiunti. Il codice penale elenca specificamente i congiunti all’art. 307 del codice penale comma IV: “Agli effetti della legge penale, s’intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole”. Dal momento che la norma in questione, tuttavia, appare limitata da vincoli giuridici e di sangue piuttosto stretti, con una nota del 27 aprile, la Presidenza ha fornito un’interpretazione autentica, ancorché, a parere dello scrivente, non risolutiva, affermando che sono da considerarsi congiunti coloro con i quali si abbiano “affetti stabili” ossia i parenti fino all’ottavo grado e affini ma anche i fidanzati. NO AD INCONTRI CON GLI AMICI.
Quanto alla lettera a), sono stati precisati i seguenti
DIVIETI
– SONO VIETATI GLI ASSEMBRAMENTI FAMILIARI, dunque NO ALLE RIUNIONI DI FAMIGLIA IN STILE “NATALIZIO”. Gli incontri dovranno svolgersi mantenendo la distanza di un metro e con l’uso di dispositivi di protezione individuale;
– SONO VIETATI I TRASFERIMENTI IN ALTRE REGIONI, salvo che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute e per il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
b) chi abbia SINTOMI di infezioni respiratorie e febbre, almeno, a 37,5° C, non può uscire, avere relazioni sociali e deve contattare il medico curante (di famiglia);
c) Chi è in quarantena o risulta positivo al virus non può uscire di casa;
d) non ci si può assembrare né in casa, né fuori;
e) si può andare al parco ma l’accesso ad essi sarà limitato nel numero delle persone e dalla distanza che esse dovranno avere tra loro. I sindaci potranno chiudere le aree nelle quali le esigenze suddetto non potranno essere garantite. Le aree gioco per bambini sono chiuse;
f) è vietata l’attività ludica o ricreativa all’aperto; si può svolgere l’attività sportiva tenendo dalle altre persone la distanza di DUE METRI o motoria individuale CON DISTANZA MINIMA DI UN METRO;
g) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive in ogni luogo. Sono consentite le sessioni di allenamento individuale di atleti professionisti o di interesse nazionale riconosciuto dal CONI, dal CIP e dalle singole federazioni (nota bene, la norma dice E, dalle singole federazioni, dunque, l’importanza dell’atleta dovrà essere riconosciuto da tutti e tre gli enti indicati, in relazione all’abilità fisica dell’atleta);
h) sono chiusi gli impianti sciistici;
i) NO AI SEGUENTI EVENTI E SPETTACOLI svolti in luoghi pubblici e privati:
– culturali;
– ludico;
– sportivo;
– religioso;
– fieristico.
Restano chiusi:
– cinema;
– teatri;
– pub;
– scuole di ballo;
– sale giochi;
– sale scommesse;
– sale bingo;
– discoteche e simili.
Nei luoghi di culto (chiese) devono essere organizzati metodi utili a far mantenere la distanza di almeno un metro. SONO SOSPESE LE CERIMONIE CIVILI E RELIGIOSE FATTO SALVO PER I FUNERALI CON FUNZIONE ALL’APERTO AI QUALI NON POTRANNO PARTECIPARE PIU’ DI 15 (QUINDICI) PERSONE MUNITE DI SISTEMI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE E MANTENENDO LA DISTANZA DI ALMENO UN METRO;
j) restano chiusi i musei;
k) restano chiuse per sospensione dell’attività tutte le scuole ed università salvo la didattica a distanza;
l) sono sospese le gite e gli scambi culturali;
m) durante la sospensione i dirigenti scolastici attuano la didattica a distanza avendo riguardo agli studenti disabili;
n) sì alla didattica a distanza all’Università. Sì agli esami universitari, ai tirocini, alla ricerca di laboratorio ed all’uso delle biblioteche pur nel rispetto degli spazi per evitare la diffusione del virus;
o) gli studenti che, per ragioni di contenimento del virus, non possano partecipare all’attività didattica, sono ammessi a quella a distanza e le loro assenze non verranno computate ai fini dell’ammissione agli esami finali nonché al fine delle relative valutazioni;
p) disposizioni analoghe a quelle di cui alle lettere m), n), e o) per il personale delle forze armate e della polizia;
q) sono sospesi i concorsi privati salvo quelli che si svolgono su basi curriculari o con modalità a distanza;
r) sono sospesi i congedi del personale sanitario e tecnico;
s) sono sospesi:
– i congressi,
– le riunioni,
– i meeting
e gli eventi in cui è coinvolto il personale sanitario;
t) le riunioni di qualsiasi tipo devono svolgersi in modalità di collegamento da remoto;
u) restano chiuse:
-le palestre,
– i centri sportivi,
– le piscine,
– i centri natatori,
– i centri benessere,
– i centri termali,
– i centri culturali,
– i centri sociali e ricreativi;
v) sono sospesi gli esami della patente ma per i candidati è sospesa la decorrenza dei termini per sostenere gli esami stessi;
w) gli accompagnatori non possono attendere nelle sale d’attesa le persone che abbiano accompagnato al pronto soccorso;
x) i parenti degli ospiti delle RSA non possono accedervi se non nei limiti, nei modi e nei tempi indicati dalla direzione sanitaria della struttura;
y) modalità di trattamento delle infezioni nelle strutture penitenziarie;
z) sono sospese le attività di commercio al dettaglio anche all’interno dei centri commerciali salvo:
– quelle essenziali e di prima necessità,
– le farmacie,
– le parafarmacie,
– i tabaccai,
– i giornalai salvo il mantenimento della distanza di un metro tra gli avventori;
aa) restano chiusi:
– bar,
– pub,
– ristoranti,
– gelaterie,
– pasticcerie
ma è ammessa la ristorazione a domicilio e d’asporto purché, in quest’ultimo caso, col rispetto della distanza di un metro e salvo il divieto di consumazione dei prodotti all’interno del servizio commerciale;
bb) restano chiusi i servizi di distribuzione di alimenti e bevande nelle stazioni, nelle aree di servizio delle autostrade salvo la ristorazione d’asporto da consumarsi fuori dai locali e salvi i medesimi servizi in aeroporti e ospedali salvo il distanziamento di almeno un metro tra gli avventori;
cc) restano chiusi:
– parrucchieri,
– barbieri,
– estetisti;
dd) gli esercizi commerciali aperti, oltre alla distanza di un metro devono consentire solo accessi scaglionati;
ee) restano garantiti i seguenti servizi:
– bancari,
– finanziari,
– assicurativi,
– le attività agricole,
– zootecniche,
– di trasformazione agroalimentare
e le relative filiere;
ff) i Presidenti delle Regioni devono regolare il trasporto pubblico limitandolo al minimo indispensabile e con l’adozione delle misure necessarie ad evitare affollamento sui mezzi nelle ore di punta;
gg) favorire lo smart working;
hh) favorire congedi e ferie;
ii) quanto alle attività professionali si RACCOMANDA (QUINDI, IN MANCANZA DI UN DIVIETO ESPLICITO, GLI STUDI RELATIVI POSSONO RESTARE APERTI) quanto segue:
a) lo smart working;
b) le ferie ed i congedi retribuiti;
c) protocolli di sicurezza anti contagio e strumenti di sicurezza individuale;
d) la sanificazione dei locali;
jj) Sulla modificabilità degli allegati 1 e 2.
ART. 2
Misure urgenti di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali.
1. E’ disposta su tutto il territorio nazionale la sospensione delle attività produttive, industriali e commerciali diverse da quelle di cui all’allegato n. 3 del decreto in esame. Quest’ultimo allegato, contiene un elenco di 79 attività. Dunque, per brevità, si rinvia all’allegato al quale si può giungere tramite il link ad inizio pagina;
2. le attività suddette possono essere organizzate mediante smart working;
3. sono sempre consentite le attività di pubblica utilità od essenziali nei limiti, per le scuole, di cui all’art. Precedente;
4. sono sempre consentiti la produzione, il trasporto, la commercializzazione e la consegna, tra gli altri, di farmaci e generi alimentari;
5. omissis;
6. in caso di mancato rispetto dei protocolli di sicurezza, l’attività autorizzata viene sospesa fino al ripristino degli standard richiesti;
7. le attività sospese in conseguenza della modifica dell’allegato 3, entro tre giorni dall’adozione del decreto, potranno porre in atto tutti gli atti necessari alla sospensione anche mediante l’invio della merce in giacenza;
8. PREVIA COMUNICAZIONE AL PREFETTO E’ POSSIBILE ACCEDERE (ANCHE TRAMITE DELEGATI) AI LOCALI DELLE ATTIVITA’ SOSPESE PER:
– vigilanza;
– conservazione e manutenzione dei locali;
– pagamenti;
– pulizia;
– sanificazione;
– spedizione di merci giacenti in magazzino;
– ricezione in magazzino di beni o forniture;
9. chi riaprirà il 4 maggio potrà svolgere le attività utili alla riapertura sin dal 27 aprile;
10. le attività in precedenza non sospese e che potranno proseguire, dovranno farlo seguendi i protocolli di sicurezza anti contagio;
11. le regioni monitoreranno, a far data dal 27 aprile 2020, la curva del contagio. Qualora il rischio epidemiologico fosse incompatibile con le misure adottate dal DPCM esaminato, il Presidente della Regione proporrà TEMPESTIVAMENTE al Ministero della Salute i rimedi restrittivi da disporre relazione alle attività produttive delle aree territoriali regionali interessate dall’aggravamento.